Consistency is key
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19/01/2024C’è stato un momento storico, intorno al 2002-2003 in cui abbiamo progressivamente utilizzato sempre meno i lettori cd portatili (che pezzi di design incredibili) e ci siamo affacciati a dei piccoli marchingegni digitali che, nella grandezza di un’accendino potevano ospitare dieci volte il numero di canzoni rispetto ai loro predecessori.
I lettori mp3, con quel design discutibile e con quell’interfaccia grafica praticamente inesistente erano destinati a prendere il sopravvento.
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E poi…
E poi non lo presero, in realtà.
Sì perché ad un certo punto arrivo l’iPod
E cambiò tutto.
Nonostante le classiche reticenze di chi già all’epoca era solito andare contro Apple il successo fu immediato, e nel giro di poco tempo si prese tutto il mercato.
Da lì in poi se volevi ascoltare musica in pubblico dovevi avere un iPod.
Ora non è più in produzione e ormai la musica la consumiamo quasi esclusivamente su Spotify o su qualche altra piattaforma (Amazon Music, Apple Music, YouTube Music) cui lascia le briciole, ma questa è un’altra storia.
Perché ti sto parlando di questa piccola finestra temporale di evoluzione del music system?
Perché potrebbe essere quello che sta capitando al modo che abbiamo di osservare, analizzare e interpretare i dati in farmacia, e per una volta non mi riferisco all’AI.
Certamente questa rappresenterà il vero passo evolutivo, quello di cui tutti,prima o poi, faremo esperienza. Ma prima di questa c’è comunque un fattore che dobbiamo considerare sempre di più, a maggior ragione con l’AI, che eleva la qualità del nostro approccio con i dati.
Parliamo di quel tipo di evoluzione che non solo migliora la situazione esistente ma offre anche alcuni elementi per un cambio di paradigma.
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Se fino a qualche anno fa le farmacie, ma anche la maggior parte delle PMI italiane a dir la verità, basava le sue decisioni sul puro intuito, abbiamo visto negli ultimi anni crescere l’idea e la convinzione, a ben vedere, dell’importanza di farsi guidare dai dati.
In fin dei conti il dato è legge. È oggettivo.
Gli studi confermano l’efficacia dell’approccio data-driven. Le aziende che prendono decisioni guidate dai dati hanno il 200% delle possibilità in più di raggiungere migliori performance finanziarie nel loro settore. Ancora di più, raggiungono il 300% delle possibilità di seguire il percorso decisionale prefissato e sono 5x più veloci nel prendere le decisioni.
Sì, però è anche vero che aziende realmente data-driven sono poche.
C’entra l’approccio, la reperibilità del dato, la sintesi di questo e un supporto nell’interpretarlo.
Insomma, non qualcosa di facile.
Un po’ come i lettori mp3. Rivoluzionari e indubbiamente più performanti, ma mancava qualcosa in termini di efficienza nell’utilizzo.
Anche l’approccio data driven dunque ha assolutamente senso, ma farsi guidare solo dal dato rischia di non essere la miglior soluzione.
E poi c’è da dire anche un’altra cosa: che ci sono aziende e aziende.
Per alcune è più facile essere data driven. Sono le aziende in cui l’equazione a+b=c è generalmente vera e in generale sono aziende di prodotto, dove la produzione è guidata da logiche di richiesta del mercato.
Per altre realtà, come ad esempio la farmacia, tra ogni decisione e l’effettiva vendita ci sono diversi filtri, dati ad esempio dalla consulenza del farmacista, dall’empatia, dal numero di persone in coda, da esigenze più o meno espresse, e così via, non è così immediato.
Certo, tutti noi guardiamo i dati, anche giornalmente, ma non è realmente quel tipo di analisi del dato di cui parlo.
Essere data-driven significa impostare la direzione aziendale nel medio lungo termine unicamente sulla base del dato.
E probabilmente non è nemmeno quello che vorremmo in un buon numero di casistiche.
E quindi?
Qual è l’evoluzione di cui parlavo prima?
Bene, se c’è una certezza, assieme al fatto che il dato è incontrovertibile, è che il dato è sterile, freddo.
Letteralmente un numero.
E quel numero può dirci molte cose, ma solo se abbiamo gli strumenti per interpretarlo.
In poche parole quel dato può avere una genesi molto differente da quella che potrebbe suggerire all’interno della casella in cui è collocato.
Inoltre c’è qualcosa che dobbiamo considerare.
Il dato è il passato.
Ci dice qualcosa che è successo e che non cambierà più. Certamente può esserci utile nell’analizzarlo e capire come ottimizzare la tendenza o in alcuni casi invertire la rotta ma ecco, è come se guidassimo guardando lo specchietto retrovisore.
Questa caratteristica rappresenta uno dei più grandi blind spot dell’approccio data driven, ovvero quello di “arrivare sempre un attimo dopo”.
Importante certamente, ma non è tutto.
E quindi? Che si fa?
Si fa che dobbiamo cominciare a ragionare in altri termini. In altri modi che abbiano una visione più olistica.
In poche parole passiamo dall’essere data-driven ad essere data-inspired.
Un atteggiamento data-inspired parte dal dato per andare oltre ed integrare queste evidenze con altre considerazioni di natura più strategica.
Certo, bisogna comprendere i dati, saperli leggere adeguatamente e con gli strumenti giusti, ma è essenziale integrarli all’interno di una visione più ampia del business, orientata al futuro.
In poche parole questo tipo di approccio ci insegna non a farci guidare dal dato ma ad essere critici nei confronti del dato che deve quindi validare o meno delle nostre ipotesi.
Quando leggiamo i dati delle nostre vendita sul gestionale (comparto, ditta, prodotto, ecc) chiediamoci sempre prima il “perché” di quel dato prima di passare direttamente alle conclusioni.
Al tempo stesso ricordiamo che data-driven e data-inspired non sono necessariamente due approcci che vanno in conflitto tra loro perché dipende dal tipo di obiettivo che abbiamo in quel momento. Ci sono decisioni in cui un approccio data-driven è molto efficiente e ci sono decisioni che, invece, richiedono una visione più ampia ed integrata.
Ecco quindi che è fondamentale combinare in queste analisi sia una visione d’insieme, esterna, del progetto, sia la visione di chi ci lavora quotidianamente, a contatto con le persone nel nostro caso in farmacia.
Ecco quindi, per concludere in maniera sintetica, cosa dobbiamo portarci a casa da questo ragionamento:
- Se tralasci la parte creativa, le idee, guardi ai dati in modo freddo e li segui pedissequamente (data monkey 🐒), con buona probabilità sistemerai il problema ma non necessariamente raggiungerai gli obiettivi
- Se invece ignori i dati, ti affannerai a raggiungere i goal andando “a naso” (gut feeling) con un alto rischio di finire fuori strada.
- Se non hai strategicamente definito i goal e come misurarli, sarai sviato da metriche (vanity metrics) solo apparentemente importanti, ma non rilevanti per i reali obiettivi.
Alla prossima!